Il processo di vinificazione
Il processo di vinificazione dell’uva nebbiolo e il suo affinamento in botti di legno (Da “L’atlante delle vigne di Langa” Slow Food editore)
Il primo passo è la vendemmia delle uve, che avviene di norma da fine settembre, con le operazioni di diraspatura e pigiatura che avvengono contemporaneamente con l’ausilio di un macchinario specifico, detto appunto diraspapigiatrice.
A questo punto è necessario far attivare la fermentazione alcolica: per quanto riguarda le uve nebbiolo non tutti i cantinieri usano lieviti selezionati dal momento che l’uva nebbiolo inizia da sola la trasformazione alcolica, purché la temperatura del mosto non sia troppo bassa: di norma si va dai 13 ai 17° C. La prima fermentazione può essere fatta sia in grossi tini di legno, da 30 a 80 ettolitri, sia in vasche d’acciaio verticali. In entrambi i casi si lavora con la massima attenzione per impedire che le vinacce, che salgono naturalmente in alto durante la fermentazione, rimangano asciutte, per impedire la formazione di un sapore di aceto ostacolando la dissoluzione delle sostanze all’interno delle bucce; si procede allora a rimontaggi del mosto tramite pompa e follature, ossia rotture manuali o meccaniche del cappello che tende a formarsi in superficie.
Tale periodo di macerazione (ossia la presenza delle bucce e dei vinaccioli e della fermentazione primaria – ossia la trasformazione degli zuccheri in alcol) può durar dai 10 ai 30 giorni, a seconda delle scelte fatte in cantina. Oggi in alcune cantine viene usato il rotomaceratore orizzontale che, per forma e uso, ricorda una grossa betoniera che permette di accorciare notevolmente il processo fermentativo a pochissimi giorni. Molto importante è durante questo processo mantenere costante la temperatura di fermentazione, che viene ritenuta eccessiva se supera i 35°C., anche perché un tempo, quando questo non era possibile, in vendemmie particolarmente fortunate, si assisteva a un aumento dell’acidità volatile che spesso portava a sentire in vini giovani sentore acetico. Questo era dovuto al fatto che proprio temperature troppo elevate attivavano i batteri acetici che trasformavano lo zucchero non più in alcol ma in aldeide acetica e poi in acido acetico.
Terminata la fermentazione alcolica si passa alla fermentazione malolattica che consiste nella trasformazione dell’acido malico in acido lattico. Ci sono due opzioni: o farla partire subito dopo la fermentazione alcolica o aspettare la primavera successiva. Nel primo caso si procederà a scaldare il vino in vasche termo regolamentate o portando la temperatura della cantina s 20°C. Nel secondo caso si attenderà invece che la temperatura ambientale aumenti progressivamente fino all’estate successiva.
I produttori prestano poi grande attenzione anche alla precipitazione tartarica, che inizia a verificarsi nel tempo quando le temperature sono particolarmente basse. In cosa consiste? I cristalli di tartrato di potassio che si formano nel vino devono essere portati sul fondo dei contenitori ed eliminati con travasi prima dell’imbottigliamento, al fine di evitare la presenza di eccessivi residui sul fondo della bottiglia.
Le botti e l’affinamento
Nelle diverse cantine di Langa oggi ci possono essere vari modi per affinare e conservare il vino:
1. Alcuni produttori per l’affinamento del Barolo utilizzano esclusivamente grandi botti, che vanno da 2.000 a 10.000 litri di capacità, con minima presenza di vasche in acciaio adibite esclusivamente alla fermentazione alcolica;
2. Piccole botti in legno o acciaio: quest’ultime possono avere la compresenza di botticelle di varie dimensioni, mediamente comprese tra i 225 e i 600 litri, con sperimentazioni su contenitori ancora più piccoli.
Molto importante in questo processo è la scelta del tipo di legno e del periodo di utilizzo delle botti.
Se fino a pochi anni fa le botti erano costruite quasi esclusivamente con rovere di Slavonia, oggi invece è molto diffuso l’utilizzo del rovere francese, non solo per le classiche barrique ma anche per i contenitori più grandi.
Oggi si usa molto anche il legno di quercia (Quercus sessilis, Quercus peduncolata, Quercus Alba) di diversa provenienza: da foreste del centro della Francia, dalla Slavonia, dai paesi dell’est europeo e anche dagli Stati Uniti.
Per quanto riguarda invece l’utilizzo e la longevità di una buona botte: le botti di rovere di Slavonia vengono usate per qualche decina d’anni, quelle di rovere francese vengono invece sostitute con maggiore frequenza. Per una botte barrique si va mediamente da uno a quattro anni, a seconda della scelta del produttore.
Perché si fa l’invecchiamento in botti di legno?
Il vino viene fatto invecchiare e stabilizzare all’interno di botti di legno perché è qui che si svolgono gli importanti processi di affinamento e di scambi gassosi che avvengono attraverso il legno e il mosto qui riposto a fermentare.
L’ossigenazione dosata agisce sui composti fenolici del vino, favorendo due reazioni fondamentali per l’affinamento del vino, come la condensazione tra tannini e antociani e la polimerizzazione dei tannini. Il primo fenomeno permette una stabilizzazione duratura delle materie coloranti, che vengono così protette dalla naturale degradazione. La combinazione che si viene a creare tra i singoli tannini porta alla formazione di polimeri con un peso molecolare diverso, più elevato, portando i vini a perdere parte della loro astringenza risultando così più morbidi e rotondi al palato. Molto importante è anche il fenomeno che porta alla dissoluzione delle sostanze contenute nel legno all’interno del vino: il legno di quercia di cui sono fatte molte botti è ricco di due polifenoli, come le lignine e i tannini. Le lignine sono polimeri, insolubili in acqua, di natura polifenolica e dalla loro degradazione si originano precursori di molte sostanze aromatiche che si ritrovano nei profumi dei vini, soprattutto se affinati in piccole botti di legni tostati.
I tannini, che costituiscono fino al 10% della sostanza secca del legno, sono invece ellagitannini, cioè tannini idrolizzabili che liberano acido ellagico. Per il vino Barolo (e per il suo fratello il Barbaresco) si hanno dei tannini importanti ma ruvidi e antociani delicati che necessitano prima di un buon affinamento in botti di legno per poi essere fatti invecchiare a lungo in bottiglia. Infatti la lenta ossigenazione data dalla sosta del mosto nella botte di legno permette di stabilizzare il colore e così facendo i tannini si possono evolvere in forme più morbide. È importante quindi la scelta del tipo di contenitore di legno soprattutto per quanto riguarda la sua grandezza e la sua tecnica di realizzazione. Le “tradizionali” botti di legno di grandi dimensioni, sia per il loro limitato rapporto tra superfici di contatto e volume, sia per lo spessore delle doghe di legno, consentono scambi gassosi molto lenti e limitati solo al momento del travaso. I vini che si ottengono da queste botti necessitano di molto più tempo per essere completamente maturi, con colori caldi, evoluti, intensi, dal sentore pungente e corposi al palato.
I piccoli contenitori di legno permettono, al contrario, scambi gassosi molto più intensi ma allo stesso tempo più regolari nel tempo, portando a una più rapida e completa polimerizzazione del complesso tannini – antociani. I vini così ottenuti saranno vini dal colore più “giovane”, fresco, che si stabilizzano in minor tempo. Il miglior rapporto tra superficie e volume, unitamente a una tecnica costruttiva che prevede una piegatura a fuoco e la tostaura delle doghe, consente una buona dissoluzione nel vino dei componenti estrattivi del legno, tanto maggiore quanto più il contenitore è poco usato nel tempo. Ed ecco così spiegato perché la scelta di un buon legno e di una buona botte porta ad ottenere stili di vini diversi tra loro.