Rivella: puntiamo in alto con i nostri vini (e infischiamocene delle polemiche)

Al WiMu di Barolo il Presidente del Consorzio Brunello di Montalcino

Al WiMu di Barolo il Presidente del Consorzio Brunello di Montalcino illustra le strategie di internazionalizzazione del Brunello a cui affiancherebbe il Barolo per lanciarsi alla conquista dei mercati asiatici. E di fronte alle polemiche suscitate dal suo invito nelle Langhe non batte ciglio: «Chi vende ha sempre ragione».
Barolo, 13 febbraio 2012

Preceduto – come spesso gli accade – da polemiche e mugugni, Ezio Rivella è arrivato a Barolo per raccontare il “suo” Brunello e per tracciare la strada per la collaborazione con l’altro “re” dei vini italiani, il Barolo, lanciati alla conquista dei mercati asiatici.

Fin dalle chiacchiere scambiate con i giornalisti arrivati al WiMu prima dell’incontro, il Presidente del Consorzio Brunello di Montalcino non ha affatto smentito la sua fama e il suo carattere deciso: «Io non leggo i blogger, tra loro spesso ci sono persone incompetenti». È la risposta, senza concessioni alla diplomazia, alle polemiche divampate in rete alla notizia del suo arrivo a Barolo.

Prova a spegnerle Nicola Argamante, Presidente della Strada del Barolo: «Abbiamo invitato Rivella per ascoltarlo, porre domande e farci un’opinione su quello che dirà: il senso di questi incontri è proprio di confrontarci con esperienze e punti di vista nuovi e originali, ma sono sicuro che tutti i produttori di Barolo siano in grado di valutare con indipendenza e senso critico quello che ascolteranno».

Sulla stessa linea Daniele Manzone, Direttore della Strada del Barolo: «A noi piace discutere, misurare la nostra esperienza con quella di altri territori: abbiamo invitato Rivella per ascoltare e valutare le sue idee sulle strategie di marketing e commercializzazione dei vini che, inevitabilmente, sono tra gli obiettivi dei nostri soci, ai quali con queste serate offriamo l’opportunità di confrontarsi con grandi esperti del settore».

Lasciate per un attimo da parte polemiche e distinguo, nel corso del suo intervento – l’incontro fa parte di una serie di cinque appuntamenti in programma fino a marzo – Rivella ha illustrato il suo punto di vista sul progetto di “internazionalizzazione” dei vini italiani, argomento spesso scomodo e osteggiato da molti appassionati.

Ad ascoltarlo un pubblico molto attento, tra i quali il gotha del vino delle Langhe: Angelo Gaja e Maria Teresa Mascarello, Michele Chiarlo e Giovanni Minetti, Giuseppe Rinaldi ed Enzo e Oreste Brezza, Cristina Oddero, Federico Scarzello, Lorenzo Tablino, Eleonora Barale, Claudio Rosso e Enrico Scavino.

Rivella è stato molto pragmatico: marketing e commercializzazione le parole d’ordine, poche concessioni al romanticismo e alla tradizione che invece, per molti, sono la stessa ragione d’essere del mondo del vino. Ma se è convinto che «chi vende ha sempre ragione», citando i casi del Bordeaux e della Napa Valley, Rivella al tempo stesso ricorda come «il segreto del commercio è la serietà»: se il marketing apre la strada, insomma, non c’è però futuro senza passione e buonsenso. E allora, ascoltando bene Rivella, ci si accorge che forse le polemiche – che inevitabilmente sulla rete si alimentano da giorni – lasciano il tempo che trovano.

Rivella illustra con disarmante semplicità e buonsenso il progetto di unire Barolo e Brunello per conquistare i mercati cinese e asiatico: «Per portare i vini italiani su quei mercati abbiamo bisogno di “usare” i nomi più celebri per aprirci le porte: dietro al Barolo e al Brunello poi verranno tutti gli altri, anche i vini meno conosciuti, che avrebbero però difficolta a farsi largo in quella competizione senza “testimonial” d’eccezione come i due “re” dei vini».

Ed è vero che si tratta di un progetto ambizioso e ricco di difficoltà, ma «conviene pensare in grande – ha ribadito con forza Rivella – perchè c’è sempre tempo per rivedere le stime al ribasso. E la strada giusta è lanciare due vini cult come Barolo e Brunello e fare in modo che trainino anche gli altri».

Sì, perché a chi gli fa notare che da tempo ormai dalle Langhe ci si spinge in Cina per far conoscere i grandi vini piemontesi, Rivella risponde con sarcasmo: «Andare a qualche fiera in Cina, ognuno per conto proprio, non vuol dire fare promozione sui mercati internazionali. Quello di cui abbiamo bisogno è posizionare i nostri vini, imparare dai Francesi, che quando si tratta di vendere vino hanno ancora molto da insegnare, anche a chi produce Brunello e Barolo».

Ma un argomento è tornato spessissimo – sia nell’intervento di Rivella, sia nei commenti del pubblico: la necessità dei territori di fare “sistema”: «Il progetto un po’ folle di unire Barolo e Brunello – ha sottolineato Rivella – può essere vincente soltanto se tutti remano nella stessa direzione, dai produttori alle istituzioni».

Lo sa bene Nicola Argamante, che chiudendo l’incontro ha voluto insistere su questo tasto, ricordando che la Strada del Barolo «ha contribuito a creare e promuovere il Consorzio I Vini del Piemonte, che proprio della filosofia del “fare sistema” si alimenta per portare in giro per l’Europa il meglio della produzione vinicola piemontese, senza badare ai campanilismi».