Tartufo Bianco d’Alba
Assieme ai grandi vini del territorio, Il Tartufo Bianco d’Alba è oggi uno dei più importanti ambasciatori del territorio di Langhe e Roero nel mondo. Ogni anno durante la stagione autunnale, dedicata alla vendemmia, tra i filari che colorano i fianchi delle colline, si assiste a un rito antico, che vede il trifulao, accompagnato dal suo fedele cane, aggirarsi furtivo tra i boschi di tigli, querce, pioppi, salici e noccioli, alla ricerca del prezioso tubero. Alba, l’indiscussa capitale del Tartufo Bianco, lo celebra come una vera star, dedicando a questo pregiatissimo fungo ipogeo una Fiera, nata nel lontano 1928 grazie alla geniale intuizione del “Re del tartufo” Giacomo Morra, e oggi divenuta un evento di portata Internazionale, giunto ormai alla sua 83° edizione. Che cos’è il tartufo? Fondamentalmente è un tubero: il corpo fruttifero (sporocaroi) di funghi che compiono il loro intero ciclo vitale sotto terra (e per questo detti ipogei), appartenenti al genere Tuber e devono vivere in stretta simbiosi con una pianta arborea. Quest’ultima, infatti, offre al suo ospite le sostanza nutritive necessarie al fungo, che non è in grado di sintetizzarle, ricevendo in cambio acqua e sostanze minerali. Il micelio è dato dall’insieme delle ife che compongono il complesso vegetativo dei funghi, che si ramificano nel terreno alla ricerca di sostanza nutritive. La massa interna, chiamata gleba, di colore variabile dal bianco al nero, dal rosa al marrone, è percorsa da venature più o meno ampie e ramificate che delimitano degli alveoli in cui sono immerse delle grosse cellule (gli aschi) contenenti le spore. Le caratteristiche morfologiche del peridio, della gleba, degli aschi e delle spore, sommati alla dimensione e alle caratteristiche organolettiche permettono l’identificazione delle specie di tartufo. Il corpo fruttifero è l’organo in cui il micelio matura le sue spore e l’aroma che sprigiona nel terreno, così da attirare gli animali che, cibandosene, possono diffondere il suo seme. Nelle Langhe ci sono varie specie di tartufo, ma è quello bianco il più ricercato, per il suo aroma intenso, capace di evocare piacevoli sensazioni all’olfatto e al palato. La sua maturazione avviene a partire dalla tarda estate e la sua ricerca parte dalla metà di settembre fino a fine gennaio. Il tartufo bianco è un fungo prezioso perché cresce in condizioni uniche per terreno e condizioni climatiche. Lo si può trovare nelle regioni settentrionali e centrali della nostra penisola, necessita di un terreno marnoso-calcareo, la cui altezza non superi mai i 700 metri e deve essere adeguatamente aerato, ma non troppo permeabile, umido in superficie anche nei caldi mesi estivi, povero di fosforo e di azoto e ricco di potassio, scarso di humus, bagnato dalle piogge autunnali e primaverili, senza eccessivi ristagni d’acqua. E’ fondamentale la presenza di alcune tipologie di piante simbionti, tra cui ricordiamo: • la Farnia (Quercus robur) • il Cerro (Quercus cerris) • il Rovere (Quercus petraea) • la Roverella (Quercus pubescens) • il Pioppo nero (Populus nigra) e il Pioppo bianco (Populus alba), il Pioppo carolina (Populus deltoides cv. carolinensis), il Pioppo tremulo (Populus tremula) • il Salicone (Salix caprea) • il Salice bianco (Salix alba), il Tiglio (Tilia platyphyllos), il Carpino nero (Ostrya carpinifolia) e il Nocciolo (Corylus avellana) Delle circa 63 specie di Tuber presenti nel mondo, di cui 25 presenti in Italia e 9 commestibili, solo 6 sono quelle commercializzabili, tra cui: • il Tuber magnatum Pico (Tartufo Bianco d’Alba o di Acqualagna o bianco pregiato) • il Tuber melanosporum Vitt. (Tartufo nero di Norcia o nero pregiato) • il Tuber aestivum Vitt. (Scorzone) • il Tuber borchii Vitt. (Bianchetto o Marzuolo) • il Tuber brumale Vitt. (Invernale) • il Tuber macrosporum Vitt. (Nero Liscio) Se il nero può essere coltivato mediante piante micorizzate (sulle radici è stato innestato il micelio), questo risulta impossibile per il bianco che, per questo motivo, è ancora più unico e speciale. Il ‘trifolao’ Il trifolao, la mitica figura del cercatore di Tartufo Bianco d’Alba, se ne va di notte su sentieri sperduti col suo cane fedele, d’autunno. E al mercato di Alba venderà il tartufo a grammi, come l’oro. Su questi sentieri, che s’inoltrano in mezzo al bosco o tra i filari, con la vista che spazia fin sulle Alpi del Piemonte, ci si sente liberi e fra amici…. Se Alba è la capitale del Tuber magnatum Pico, non si deve dimenticare che il Tartufo Bianco Pregiato nasce in tutto il bacino collinare piemontese a Sud del Po, con una grande ricaduta positiva sull’immagine dell’intera regione. Passeggiata nel bosco: I menù di Benedetta (la7, 17 ottobre 2011) Tartufo Bianco d’Alba: come sceglierlo e come gustarlo Degustazione di Tartufo d’Alba a Radio Deejay Il tartufo in tavola Il tartufo va pulito con molta delicatezza: lo si spazzola leggermente usando pochissima acqua. Bisogna prepararlo solo poco prima di consumarlo; si usa crudo, affettandolo in sottilissime fettine con uno strumento apposito detto affettatartufo e lo si dispone sulle vivande. Molteplice il suo impiego nella cucina langarola, preferibilmente sui cibi caldi che ne esaltano l’aroma e con sughi leggeri: ideale sulla fonduta, sui tajarin al burro e salvia, sui risotti alla piemontese, ma anche sulla carne cruda all’albese, sull’insalata di funghi porcini o di ovuli reali. I buongustai apprezzano il tartufo anche sull’uovo al tegamino. Tajarin al coltello con Tartufo Bianco d’Alba (ricetta di Danilo Lorusso)